Wednesday, June 29, 2011

Scontri, lacrime, lacrimogeni e proiettili di gomma a Tahrir

28 Giugno, Piazza Tahrir

La polizia impedisce alle famiglie dei martiri di partecipare ad una celebrazione in loro onore. La situazione degenera in pesanti scontri in Piazza Tahrir. Ci sono diversi feriti ed un morto. Secondo la testimonianza di un reporter: Amr Osama, i poliziotti mentre lanciavano lacrimogeni sulla folla, gridavano: "Dovete morire tutti".
La risposta dei dimostranti non e' tardata ad arrivare con un massiccio lancio di sassi.

29 Giugno, Piazza Tahrir.

Barricate in Shari3 Mahmoud
Arrivo, in realta', impreparata a quello che avrei dovuto fronteggiare, me ne sarei accorta troppo tardi. Non so perche' fossi stata cosi' incosciente. In Palestina mi ero gia' ritrovata in diverse manifestazioni che potenzialmente avrebbero potuto prendere una brutta piega, sapevo come attrezarmi. Quel giorno, forse sottovalutando la situazione, mi ritrovai in piazza con i sandali ai piedi, non delle scarpe da ginnastica; dei jeans strettissimi, non dei pantaloni comodi e neanche una cipolla in caso di lancio di lacrimogeni.

Di fronte a me, dei giovanissimi ragazzi stanno trascinando delle transenne contribuendo alla creazione della bariccata che avrebbe bloccato l'accesso a Sharia3 Mohamad Mahmoud. Dietro di loro, imponente, la famosa M di Mac Donald's. Un'immagine raccapricciante, di una lugimiranza fredda e tagliente: l'inevitabile influenza americana nella politica egiziana.

Vicino al Ministero degli Interni

Nonostante i consigli di non avanzare, procedo seguita da un volontario deciso a non lasciarmi andare da sola: Khaled. Mentre ci avviciniamo ai fuochi appiccati in strada, il fitto fumo nero copre il cielo e con esso la visuale. Si respira a malapena, uso il mio scialle tuareg per coprirmi la bocca.

Lo scenario e' surreale.

Inizio a fotografare con impeto arrivando a fronteggiare la schiera di poliziotti in tenuta antisommossa davanti al Wazara al dakhalyya, il Ministero degli Interni. Concentrata sul mio ruolo di fotoreporter improvvisato vengo interrotta da un uomo ben vestito. Si avvicina presentandosi come giornalista ed immediatamente comincia a subissarmi di domande precise terminando con l'insolita richiesta di mostrargli il passaporto.

Si trattava, con molta probabilita', di un poliziotto in borghese. Al mio ennesimo rifiuto, mi accusa d'essere una spia attirando l'attenzione della gente circonstante la quale, sospettosa, mi circonda. Khaled cerca di calmare le acque garantendo che sono italiana e non Israeliana come insinuano in molti, ma quando la psicosi prende il galoppo e' contagiosa, non permette di ragionare lucidamente.

Ad un certo punto incrocio lo sguardo del poliziotti in borghese il quale, sfoderando un sorriso bastardo sussura: "Vattene, tra poco inizieranno a sparare".

Non fece in tempo a terminare la frase che udii il fischio dei lacrimogeni silurati in aria; la bolgia umana impaurita spintona nel tentativo di dileguarsi, una mano mi afferra. Mi volto, una ragazza mai vista prima d'allora urla: "Seguimi e corri!". Mano nella mano corriamo, incoraggiandoci a vicenda a non mollare, a correre piu' veloce. I sandali scivolano sui sassi lanciati il giorno prima e sparsi per terra. Gli occhi lacrimano. La gola brucia.

Giriamo l'angolo in una via perpendicolare, non sappiamo esattamente dove siano i poliziotti, tremiamo dalla troppa adrenalina. A pochi metri da noi una nube bianca, densa e minacciosa dalla quale provengono grida ed urla, ci fa intravedere solo delle ombre che si sovrappongono, due delle quali risultano essere Khaled ed il fratello della ragazza. Per fortuna stanno entrambi bene.

feriti che riemergono da sharia3 Mahmoud

Ci dirigiamo verso Tahrir, dove c'e' piu' gente di prima ma la situazione e' stabile. Poco dopo scopriamo che sono state sparate anche pallottole di gomma e molti giornalisti/blogger arrestati. Inziano a palesarsi i primi feriti portati in piazza per essere soccorsi. 


Chiamo Sam. Quella mattina era andato a richiedere i fogli per entrare a Gaza, ma la sera prima ci eravamo dati appuntamento proprio li', in piazza, ed avevo paura che fosse stato coinvolto anceh lui negli scontri.

In realta' era ancora in ufficio, ma appena gli racconto l'accaduto si fionda a Tahrir. Si assicura che stia bene e da bravo gionalista si mette alla ricerca di testimonianze. Riemerge dalla folla poco dopo, stravolto. Alcuni dimostranti non avevano apprezzato il fatto che fosse americano.
Stanca, esprimo il desiderio di tornare a casa. Passiamo affianco al Museo Egizio, mentre un gruppo di turisti scendono da un pullman megagalattico.

Calzoncini corti, gambe in vista, costumi da bagno. Mi guardo indietro mentre la piazza e' ancora in subbuglio. Il contrasto e' talmente forte che il tutto mis embra una brutta allucinanzione da trip andato male.

Uno dei tanti feriti in piazza Tahrir





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Friday, June 24, 2011

La citta' dei morti

La citta' dei morti e' senza dubbio il mio quartiere preferito. L'avevo scoperto per caso un pomeriggio afoso in cui, armata di pazienza e buona volonta', avevo sfidato il traffico cairota per arrivare alla Cittadella....in orario di chiusura. Questi sono i momenti in cui maledico la mia avversione per le guide turistiche.

Dispiaciuta per la giornata persa, m'incamminai verso la stazione dei minibus costeggiando palazzine irregolari e decadenti che pero' conservavano uno spirito vivace espresso dai coloratissimi panni stesi, da contagiose risate di bambini e dal chiacchiericcio di giovani donne tra un balcone ed un altro. In sottofondo il perenne ed incessante suoni dei clacson. Non un semplice strombazzamento fine a se stesso. No! Un vero e proprio codice stradale.

Non so se sia una leggenda metropolitana, di quelle che nascono da piccole verita' e poi, di bocca in bocca, da particolare in particolare diventano realta' certe che nessuno osa mettere in discussione, ma al Cairo si racconta che c'e' stato un anno (indefinito) in cui l'uso del clacson era stato messo al bando per il quieto vivere di tutti. I risultati furono disastrosi. Senza vigili urbani e la scarsita' di semafori, la citta' era completamente allo sbando registrando il tasso annuo?Macche', mensile!D'incidenti piu' alti della storia. Il provvedimento fu ritirato immediatamente legalizzando il libero strombazzamento. 
Mi e' capitato diverse volte di imbattermi in cartelli stradali, ben nascosti, che vietassero l'inquinamento acustico suscitando in me una certa perplessita'. Mi sono sempre chiesta se fossero i ruderi di quell'esperimento sociale mal riuscito.

La citta' dei morti
Spesso e volentieri, sono i piccoli dettagli ad attirare la tua attenzione, non sai nemmeno tu come li abbia potuti notare nella moltitudine di stimoli in cui sei immersa, ma succede e basta. Ad un certo punto provi una specie di richiamo epr cui ti giri e scorgi cio' che normalmente passerebbe inosservato. In questo caso, una cupola che sbuca da dietro ad un muretto. Incuriosita, invece di procedere per la moschea di Aisha e prendere il bus per Attaba, attraversai la srada, girai l'angolo e sgattaiolai per un vicolo che mi scaravento' in una dimensione parallela. Lontana dal caldo soffocante, l'aria irrespirabile dei tubi di scappamento e la frenesia delle strade cairote, fui letteralmente invesita da un silenzio, direi, mortale nel momento in cui mi accorsi di trovarmi in una cimitero...abitato.

Citta' dei morti
A mio parere, cio' che rende Al-Qahira cosi' affascinante e' la sua capacita' di agglomerare opposti in grado di convivere l'uno accanto all'altro. Bastava salire sul qibra (ponte) Mohammad Ali per rendersi conto che questo era lo spartiacque tra due mondi contrapposti: da un lato la schizofrenia della vita cittadini, e dall'altra la sacralita' di una necropoli vivente (che binomio nel binomio!). Al-Qahira riusci' a spiazzarmi per l'ennesima volta.

Vivere con i morti, per molti puo' apparire macabro, ma io fin da subito lo trovai intrigante. Nella citta' dei morti non vi e' divisione tra umano e sovrannaturale, si condivide la quotidianita' con i propri avi tant'e' che il venerdi' e' tradizione pranzare sulle tombe di famiglia. Questo rapporto simbiotico e' evidente anche dalla struttura delle tombe le quali presentano una o due stanze che permettono ai parenti dei defunti di vivere accanto ai loro cari.

Ma chi altro vive in questa necropoli?

Panni stesi
Il boom demografico degli ultimi anni, il cattivo stato delle case costruite durante il periodo nasseriano nonche' l'aumento degli affitti che non vanno a pari passo con l'aumento dei salari, ha determinato negli ultimi anni un esodo della popolazione cairota verso la periferia. Processo che ha coinvolto anche questo quartiere dove alcune tombe furono occupate (garantendone la manutenzione) ed altre sono sate assegnate con regolare procedimento. Con il passare del tempo si sono formati nuovi strati sociali per cui, oggi, oltre a becchini e custodi di sepolcri troviamo anche studenti, commercianti, impiegati ecc...Una citta' nella citta', che risulta essere la dicianovesima slum piu' grande del mondo, ma il cui lato umano e' indiscutibile.

la famiglia che ormai mi ha adottata
La spiritualita' del luogo e' palpabile mentre cammino per le viuzze strette. Il mio respiro si distende e la vista si perde tra le diverse cupole dei mausolei mamelucchi. Incontro diverse famiglie, inizialmente tra le sorprese ed il sospettoso, ma tutte molto accoglienti. E' impressionante come in queste situazioni un sorriso possa abbattare qualsiasi muro.

Tornai a casa dalle mie coinquiline entusiasta della mia scoperta. Le raccontai tutto, dell'esistenza di un cimitero abitato e di come n'avessi attraversato una parte incontrando persone meravigliose. M'interruppe Rebecca allarmata: "Mi vuoi dire che ti sei avventurata per la Citta' dei Morti da sola? Ma tu sei pazza!Non hai letto sulla guida turistica che e' pericoloso?"

Mi ritorno' in mente la chiacchierata con un vecchietto che mi offri' un posto all'ombra dove rilassarmi per un po', una dolce signora che mi invito' a casa sua a bere del shai bina3na3 e dei bambini con cui avevo condiviso la passione per gli aquiloni.

Si', la mia avversione per le guide turistiche dopottutto e' fondata.



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Tuesday, May 31, 2011

Falastiin hurra


Prima di iniziare questo blog ambientato principalmente al Cairo, vorrei dedicare il primo post alla Palestina.


Ulivi - Gerusalemme
dietro ad Al-Aqsa
Se prendete una carta geografica, una qualunque, e provate a cercare la Palestina, non la troverete. Eppure ESISTE una terra, neanche troppo lontana, il cui nome: Falastiin rievoca ulivi millenari le cui radici, forti e resistenti, affondano in quell'humus che ha dato vita a tutti noi. ESISTE in quegli aquiloni che puntualmente, appena prima del tramontare del sole, si librano in cielo quasi a rimandare ad una liberta' che ai bambini palestinesi e' negata ed ESISTE all'ombra del Muro di Segregazione che divide villaggi interi, quartieri e famiglie.





Check point di Hebron

I Territori Occupati sono lacerati da 522 check points e posti di blocco; da superstrade il cui utilizzo e' concesso solo ad Israeliani, mentre i Palestinesi si devono servire di strade secondarie spesso dissestate, e da un muro, il muro d'apartheid che invade per l'80% del suo percorso la Cisgiordania creando dei veri e propri ghetti. Controllando gli spostamenti, si controllano le persone e frammentando il territorio s'impedisce la nascita di una resistenza organizzata tra le citta'.



Campo profughi Dheisheh di Betlemme
Il graffito mostra come dal 1946 il territorio palestinese abbia
subito profondi cambiamenti dovuti alle sottrazioni di terre
da parte del governo israeliano.





La loro terra e' costatemente minacciata e sottratta dalla costruzione d'insediamenti finanziati dallo Stato israeliano giustificando cosi' una politica sionista. In questi insediamenti risiedono, secondo i dati risalenti al gennaio 2011, all'incirca 296,586 coloni.










Lo sfruttamento non e' solo territoriale ma anche lavorativo. Il muro ha inevitabilmente danneggiato l'economia di citta' come: Betlemme, Ramallah, Qalqilya e tante altre. 



Alla ricerca della liberta' - check point di Betlemme

La domanda lavorativa di conseguenza proviene da Israele, il quale usa i Territori Occupati come magazzino di manodopera da sfruttare anche per la costruzione di quegli stessi insediamenti che man mano stanno avanzando togliendo terra ai Palestinesi.


Palestinesi in fila a ridosso del muro di segregazione - Betlemme



A Betlemme, ogni mattina verso le tre, i lavoratori palestinesi si mettono in fila a ridosso del muro con l'unica colpa di voler sfamare la propria famiglia. L'odissea che devono affrontare per poter semplicemente arrivare in orario sul posto di lavoro e' scandati da ore interminabili d'attesa, ammassati ed umiliati da controlli continui: della carta d'identita', del permesso di lavoro (senza il quale si e' prigionieri dietro le mura) cosi' come delle impronte digitali. Disumanizzati, come in una catena di montaggio, non sono piu' persone, ma oggetti numerati.


Lavoratori Palestinesi ammassati al check point - Betlemme

Emotivamente e' sempre stata un'esperienza devastante per me essere una testimone inerte di quanto succedeva, sono riuscita a trovare il coraggio di documentare quest'inferno solo al mio terzo tentativo.


Check point di Betlemme


Per visionare le altre foto: http://nuralagatta.wordpress.com/